PROLOGO: Kansas, Stati
Uniti
Questo piccolo paese un nome ce l’aveva…ma non avrebbe potuto importare di meno ai suoi
tre visitatori, in questo momento intenti a percorrerne le strade malamente
illuminate.
No, lo scopo di questo strano
trio era ben altro che una semplice visita: la morte era
il loro mestiere, e stanotte erano qui per prepararsi a dispensarla a piene
mani.
Per ora, erano di
ricognizione: in testa al gruppo, così come sempre in prima fila in ogni
operazione, come si conviene ad un buon capo, un uomo coperto da un’armatura
fatta di innumerevoli componenti elettronici e
meccanici. Il suo nome era Scalphunter.
Sul fianco sinistro, cioè dall’altra parte della strada, si trovava un giovane
Inuit con indosso un costume rinforzato blu. Sulla schiena stava una faretra
carica di arpioni e lo
stesso tipo di arma era stretta nella sua destra. Harpoon.
I due esploratori si muovevano
con prudenza, scandagliando ogni angolo, ogni ombra. A quell’ora della notte, i
testimoni scomodi dovevano essere tutti in casa, esattamente come il Direttore
aveva previsto…ma la prudenza non era mai abbastanza.
Ecco perché il terzo era stato
inviato a controllare a maggiore distanza, forte della sua supervelocità…e infatti, eccolo lì, un turbine a dimensioni umane, una
forma che roteava su sé stessa così veloce da non capire chi o cosa fosse, se
non quando si fermò vicino al suo capo.
Era un uomo, dal volto affilato ed i lunghi capelli argentei, quasi luccicante
nel suo costume-armatura. Riptide.
“Buona notizia e cattiva
notizia, capo,” disse, con voce bassa, come da
disposizioni. “La buona è che non c’è nessuno nei dintorni, stanno dormendosela
della grossa o godendosi il loro bravo canale porno. La cattiva è che
nell’edificio di Cielo Luminoso sono belli svegli e sull’allerta.”
Hunter digrignò i denti.
“Questa non ci voleva!” sibilò. “Sei riuscito a scoprire perché questo cambio
di programma? A quest’ora dovevano al massimo esserci poche sentinelle.”
“Non ho potuto avvicinarmi più
di tanto.” Inutile aggiungere ‘mi dispiace’: nel loro lavoro, era una frase
superflua.
Scalphunter disse, “Allora
dobbiamo rimandare.” Cielo Luminoso era una ONG pro-mutanti, e quasi tutti i suoi membri erano
mutanti essi stessi.
L’operazione consisteva nel
prenderli di sorpresa ed eliminare tutti i presenti nella loro sede. Senza la
sorpresa, c’era una seppur minima possibilità che uno sopravvivesse
per fare da testimone. E non era ancora il caso di
fare sapere al mondo che loro erano
di nuovo a caccia!
MARVELIT presenta
Episodio 2
- I Cacciatori e le Prede
Poco più tardi, in un granaio
abbandonato…
I più spietati cacciatori di
mutanti, e mutanti a loro volta, erano presenti al gran completo, come sempre
in tutte le loro operazioni. Oltre a Scalphunter, Harpoon e Riptide, quindi,
c’erano:
Ø
Scrambler,
il cui tocco mandava in cortocircuito i bioprocessi di ogni
essere vivente.
Ø
Arclight, la
demolitrice signora delle onde sismiche.
Ø
Blockbuster,
il forzuto quasi invulnerabile.
Ø
Malice,
capace di possedere le sue vittime.
Ø
Prism, dal
corpo di cristallo.
Ø
Tower,
capace di alterare le proprie dimensioni.
“Malice, novità sui canali
mediatici?”
L’incorporea donna era stata
dotata finalmente di un corpo proprio -per la precisione, del corpo robotica
che fu Delphine Courtney, l’’assistente’ del defunto
Jerome Jaxxon. Fra le varie opzioni di questa nuova
condizione c’era un dispositivo per intercettare i segnali di comunicazione su
tutte le frequenze, non importa quanto bene criptate.
Malice disse, “Per adesso,
niente. Se è successo qualcosa di grave, lo tengono
strettamente per loro…aspetta! La sede di Cielo Luminoso sta ricevendo una
chiamata da un telefono cellulare. Ve la metto in vivavoce. Poi, la sua voce fu
rimpiazzata, accuratamente filtrata, da quella degli interlocutori ai due capi
della linea.
Sfortunatamente, uno di loro
usava un mascheratore, e le sue parole uscirono fuori a
stento comprensibili. “Siete pronti a fare quanto vi abbiamo detto?”
Seguì una voce maschile
giovane, spaventata nonostante il suo proprietario cercasse di mostrarsi forte.
“Prima dovete dirci se stanno bene.”
“Non hai il diritto di
chiedere alcunché, amico dei mutanti.”
“Ne ho il diritto eccome! Se li avete uccisi, che senso avrebbe darvi i nomi degli altri
membri di CL?”
“Ti avevamo avvertito: domani
alle ore 12 esatte, non un minuto prima, trovati alla palestra. Da solo.
Capirai che non stiamo scherzando.” Detto ciò, la
comunicazione fu interrotta. Invano il giovane dall’altro capo gridò, “Pronto?!
Pronto?!” Seguì il suono della linea
chiusa.
“Comunicazione troppo breve per essere rintracciata,” disse Malice. “Il filtro
utilizzato copriva una voce maschile, senza accento, età compresa fra i 25-30
anni. Se è un fumatore, ha cominciato da poco. Non sembrava
ubriaco o sotto psicotropi, anche se poteva essersi
appena scolato un bicchiere per farsi forza.”
“Insomma, siamo al punto di
partenza,” sbuffò Tower.
“Vuol
dire che dovremo tentare un altro approccio,” disse
Scalphunter. “In questo posto, c’è solo una palestra, e se il nostro amico dei
mutanti deve essere lì da solo, vuol dire che non ci saranno testimoni scomodi.
Prenderemo due piccioni con una fava, signori…ma prima, verifichiamo
che il nostro ‘datore di lavoro’ sia d’accordo…” attivò un comunicatore nel
polso.
“Uno sviluppo imprevedibile,
Scalphunter, sono d’accordo…ed irritato.”
Si chiamava Graydon Creed, un singolare caso di
progenie umana di due mutanti. Da suo padre, il più celebre Sabertooth, aveva preso tutto l’aspetto
esteriore, tranne il fattore di guarigione, le zanne e l’eccesso di pelo. Di
sua madre, Mystica, possedeva la
sottile intelligenza.
Creed aveva devoluto la
propria esistenza all’estirpazione dei mutanti. Aveva capito che il migliore
approccio non era giocare al supercriminale pazzo in
costume, bensì darsi alla politica. Aveva nutrito una certa ammirazione per il
Senatore Kerry, che però aveva finito col rammollirsi.
Lui era andato ben oltre,
aveva fondato il culto degli Amici dell’Umanità, aveva usato il suo potere per
rafforzare l’odio antimutante, usare la gente della strada come la propria
fanteria, e Senatori e Deputati come colonnelli. Il passo verso la Presidenza
degli USA era una scelta obbligata, il consolidamento
definitivo delle sue ambizioni.
Ambizioni stroncate dalla
Sentinella Bastion, che aveva fatto di lui un
efficace martire della causa antimutante.
Fra parentesi, Creed non aveva
mai dimenticato che avrebbe dovuto saldare i conti con lei, un giorno.
“L’odio
antimutante è efficace quando sono le masse
a fomentarlo. I gruppuscoli estremisti sono solo dei dilettanti, ma capaci di
creare dei martiri. Se si tratta di Amici
dell’Umanità, azzoppateli un po’, fate dei danni, in modo che finalmente
coinvolgano le autorità cittadine. Altrimenti, eliminateli pure e fate ricadere
la colpa su Cielo Luminoso. Per il resto, porta a termine la missione come
meglio credi, Scalphunter: avete la mia piena fiducia.”
Nate Crow sorrise. “A nanna,
cacciatori: abbiamo parecchio da fare, domani. Malice, tu starai di guardia.”
Come al solito, pensò la mutante-fantasma dentro la macchina…del
resto, quella era la scelta più
logica. Ne’ lei, ne’ il suo corpo, avevano bisogno di
dormire.
Uno ad uno, i
mutanti assassini si sdraiarono chi per terra, chi su un pagliericcio
improvvisato… Solo Prism restò in piedi, come un cavallo -i vantaggi di un
corpo di cristallo, non rischiavi certo i crampi muscolari. Andava da sé, comunque, che nessuno nel gruppo era veramente rilassato:
erano predatori e sarebbero stati istantaneamente svegli e pronti al minimo
segnale di pericolo.
Il robot iniziò a sondare
l’ambiente con ogni suo sensore…
“Malice..?”
era la voce di Tower, udibile solo a lei. Voltò la testa in basso, la direzione
da cui la voce veniva.
Tower era lì, un minuscolo
pollicino di 30 cm. “Tirami su.”
Lei lo fece, e lo portò,
tenendolo in palmo, fino all’altezza del proprio volto. “Cosa
vuoi? Dovresti riposare.”
“A proposito di quella storia
dei campi di concentramento governativi…”
“Oh, quella. Non mi dire che ci avevi creduto davvero?”
Tower fece una faccia che da
sola valse lo scherzo. “Era una..?”
Malice sorrise. “Un po’ di sano
humor nero non guasta. L’abbiamo fatto con tutti i neoacquisiti. Ci cascano
sempre: Sabertooth fece a pezzi uno della Guardia Nazionale solo per ripicca.
Dovemmo spiegargli tutto prima che andasse ad eliminare
un intero battaglione…anche se credo che lo avrebbe fatto comunque,” aggiunse,
come in un ripensamento.
“Allora come vi siete conosciuti?” chiese Tower.
“Se
proprio ci tieni a saperlo, è stato semplice: è stato Sinistro a trovarci, a
reclutarci, e a forgiarci come gruppo. Ce n’erano altri, all’epoca, ma loro non sopravvissero
all’addestramento. Erano delle mezzeseghe, noi siamo i
migliori. E il migliore fra tutti fu Scalp, che da allora è
il boss. Soddisfatto?”
“Uhm,
credo di sì.” Tower saltò giù dalla mano, riacquisì le proprie dimensioni
naturali, e si accomodò per dormire.
C’erano una scuola elementare
e un liceo, a Woodpike. I giovani che arrivavano all’età da liceo, tuttavia,
non erano certo abbastanza da riempire le aule -i più preferivano andare nella grande città appena potevano.
L’unico bidello poteva
dormirsela della grossa. Non c’erano neppure telecamere di sicurezza in quel
vetusto edificio. Quindi, era semplicemente normale
che fosse facile, per chiunque, muoversi indisturbato per i corridoi
dell’edificio mentre le lezioni erano in corso.
In questo
caso, un giovane segaligno, con il volto segnato da una precedente acne
giovanile e i capelli biondi corti con un’ampia frangia in fronte. Indossava una camicia a maniche lunghe a
quadretti, jeans e scarpe da ginnastica un tempo bianche.
Procedeva in fretta lungo i corridoi, sicuro che da un momento all’altro
qualcuno sarebbe saltato fuori a chiedergli cosa avesse nelle tasche…
Finalmente giunse alla
palestra. Aprì la porta, entrò…e si immobilizzò di
colpo! Il suo sguardo si fece assente, per un momento, mentre allo stesso
tempo, sul suo collo, appariva un collare nero, di seta, con un cammeo bianco.
Il cammeo raffigurava un volto umano piegato in un sorriso maligno. Il sorriso
di Malice.
Il ragazzo riprese
espressività, anche se questa volta i suoi gesti ed i suoi pensieri erano
interamente sotto il controllo dell’eterea mutante. Si frugò rapidamente in
tasca, e ne estrasse una scatolina marrone, sottile e
lunga. La aprì…
Poco dopo, a dieci minuti a
mezzogiorno, lo stesso ragazzo uscì dalla scuola, con calma, senza fretta. La
scatola era stata lasciata dove gli era stato detto. Inutile insospettire i
ricattatori.
Il ragazzo proseguì fin sulla
strada. Andò avanti fino a quando non vide una macchina arrivare, poi,
mostrando solo disattenzione, attraversò la strada.
Malice,
in piedi sul tetto del liceo, lo lasciò una frazione di secondo prima
dell’impatto. Un testimone in meno per le future indagini.
Molto
comodo avere una vista telescopica e
a raggi X.
Nella sede di Cielo Luminoso,
l’atmosfera era di colpo precipitata a livello-panico.
Sul tavolo nella sala riunioni
(pomposo termine per il salotto), stava aperta la scatolina trovata in
palestra.
Dentro la scatolina giaceva un
dito umano. Troncato di netto, la ferita cauterizzata grossolanamente.
Un messaggio più che chiaro:
un’idea precisa di quello che sarebbe stato dei
prigionieri, se il comitato esecutivo di CL non avesse aderito alle richieste
dei rapitori.
“Non possiamo chiamare la
polizia,” disse il ragazzo che faceva da Presidente.
“Li ucciderebbero.”
“E
quella nuova organizzazione, il CA Box[i]?” chiese
una ragazza dai lunghi capelli neri.
“E
perché non la Justice Inc.?” tentò un’altra ragazza, dai capelli più corti. “O i Vendicatori…insomma, qualcuno?”
“Ci tengono d’occhio,” fece un quarto elemento, un ragazzo biondo e muscoloso,
il miglior prodotto della palestra liceale. “Sanno chi sono i nostri amici,
sanno dove abitiamo, hanno saputo rapire gli altri nelle loro stesse case. Se non fossero stati i loro stessi genitori a ripudiarli, le
famiglie sarebbero già in allarme, e le cose sarebbero ancora più difficili. Lo
dicevo io, che avremmo dovuto fare sapere subito ai media
che ci occupiamo anche di aiutare i mutanti del terzo mondo, invece di
presentarci come la solita ONG!”
“Quel che è fatto e fatto,” disse il Presidente, la voce tremante per l’ira repressa.
“Se ne usciremo bene da questa storia, annunceremo
ufficialmente i nostri veri propositi. Per ora, dobbiamo pensare ad un modo per
salvare gli altri.”
“O non salvarli affatto, Ed,” fece il biondo.
“Cosa..?”
“Guardiamo in faccia la
realtà! Se non diamo subito i nomi nel database a
quella gente, i nostri amici moriranno tutti. E possiamo stare certi che succederà loro lo stesso, se obbediremo. Perché
credi che li vogliano? Per invitarli ad una festa?”
Ed si gettò sulla poltrona. Si strinse la testa fra le
mani, i gomiti poggiati sulle gambe.
In quel momento, la porta che
dava sulla cucina si aprì!
Quattro teste si voltarono
verso quel locale dove non doveva esserci nessuno… Ma la cucina dava sul
garage…
Lo stupore aumentò
ulteriormente alla vista dei Marauders che entrarono l’uno dopo l’altro.
“Quindi
siete tutti qui, e siete tutti umani, hm?” chiese Hunter. C’erano dei vantaggi
nei piccoli centri urbani. Uno era che tutti sapevano quasi tutto degli altri,
e il nerd di prima era stato una sufficiente fonte di informazioni.
“Così pochi per una casa così grande…ma immagino serva spazio per gestire i
muties che passano per il vostro tetto.” Puntò il suo
fucile. “Buona notte, figlioli, ma state tranquilli: anche se non sarete soli,
sarete presto vendicati.” Fece fuoco in rapida
sequenza, i colpi attutiti dal silenziatore. Un bersaglio, un
colpo…ma non furono proiettili, quelli che colpirono i membri di CL. Non
proiettili ordinari, almeno.
I ragazzi caddero per la forza
dell’impatto. Dai loro toraci spuntavano dei dardi piumati. Ed
fece per rialzarsi in piedi…prima che il suo volto e poi tutto il corpo si
contorcessero in preda ad un dolore indicibile. Non si accorse neppure di
essere rimasto vivo per ultimo solo per via della sua costituzione. Poi il veleno
reclamò anche la sua vita.
Scalphunter si chinò sulle sue
vittime per riprendere i dardi. “Riptide, cerca il computer.”
Il mutante velocista schizzò
verso ogni stanza, lasciandosi dietro una scia di carte, di polvere e di oggetti mossi dallo spostamento d’aria. Ritornò pochi
secondi dopo. “Una stazione nella seconda stanza finite le
scale, capo.”
“Scrambler, vai.”
Il Coreano non se lo fece
ripetere. Teoricamente, Malice sarebbe stata la più adatta: il suo corpo
robotico avrebbe potuto scaricare tutte le informazioni in un batter d’occhio,
ma era anche vero che se un parente o un amico di questi perdenti avesse
telefonato in quel momento, una voce estranea al telefono avrebbe potuto
insospettire.
Infatti, il telefono suonò pochi minuti dopo. Il robot sollevò
la cornetta, mentre dei sottilissimi cavi ottici si dipanarono dalle dita per
entrare nel microfono. “Pronto?” chiese con la voce di Ed.
“Avete avuto modo di
riflettere sul nostro messaggio?” chiese la voce alterata della sera prima.
Dalla fronte del robot si udì, invece, la stessa voce ma senza alcun filtro.
“Sì.”
“E la
vostra risposta?”
“Come facciamo a farvi avere
le informazioni necessarie?” Lei ci mise tutta la disperazione e la
rassegnazione possibili che potesse immaginare -del
resto le bastava ricordare le reazioni di alcune loro vittime, così
deliziosamente imploranti…
“Avete un’unità di backup
portatile. Scaricate l’intero disco fisso lì dentro, impacchettatelo e
lasciatelo questa sera a mezzanotte alla fine del vialetto del garage. E restate in casa. Se ci accorgessimo
di qualche trucco, domani saprete dove trovare i cadaveri dei mutanti e del
loro amico.”
“Aspetta! Quando
ci direte dove trovare gli altri?”
“Domani alle dieci vi
chiameremo per dirvi dove trovarli, vivi. *click*”
Malice mise giù la cornetta; i
cavi rientrarono nelle dita. “Ho localizzato l’origine della chiamata.”
Hunter annuì. Poco dopo,
Scrambler fu di ritorno; in mano stringeva l’unità di backup. “Nomi, cognomi,
indirizzi, telefono ed e-mail. Questi teneri di cuore facevano le cose per
bene.”
Scalphunter
prese l’oggetto che gli venne porto. “Perfetto. Ora,
pensiamo a sistemare la concorrenza.”
In una villetta in periferia…
“Hanno accettato?” chiese la
voce al telefono.
Il ragazzo gongolava. “Può
stare tranquillo, signore. Entro domani le farò avere i dati.”
La voce che giungeva
dall’altro capo era a sua volta alterata per avere un tono gutturale, sinistro.
“Ottimo. Con essi, potremo finalmente organizzare la
soluzione finale per i mutanti. Quella razza inferiore non deve
essere libera di inquinare ulteriormente la purezza del nostro stile di
vita. Agire alla radice è imperativo, ricordalo.”
Il ragazzo non se ne era mai dimenticato, per questo si era infiltrato in
Cielo Luminoso. Organizzare il rapimento di quei due idioti mutanti era stato
fin troppo facile, non avevano sospettato nulla finché non era stato troppo tardi. Domani, sul luogo del ritrovamento indicato, sarebbe
stato il solo a rimanere vivo. I muties sarebbero morti come
esempio, come avrebbe dichiarato la sua stessa voce su un nastro
registrato -certo, lui stesso doveva essere conciato per le feste, o sarebbero
sorti dei sospetti…ma ne sarebbe valsa la pena per vedere quegli idioti amici
dei genemostri frignare come bambini…
“Non la deluderò, signore,” disse il traditore, abbassando la cornetta dopo che la
comunicazione fu chiusa. Bella cosa, gli scrambler
per gli apparecchi fissi: uno spione avrebbe sofferto non poco a decriptare la chiamata fra lui ed il capo…
Il giovane
-capelli incolti, berretto di lana
e volto da furetto- si voltò verso i suoi prigionieri, i soli mutanti di
Woodpike. Un fratello ed una sorella, gemelli identici, ed
entrambi caratterizzati da una pelle a placche e larghi occhi acquosi.
Erano tenuti fermi da cavi d’acciaio e zittiti da nastro adesivo industriale.
La ragazza era quella a cui il dito indice era stato asportato. E da diverse ore i suoi occhi erano chiusi, il volto
contratto in una smorfia di dolore.
L’altro mutante era ben
sveglio, ed i suoi occhi non avevano mai smesso di fissare il ragazzo che aveva
sempre considerato un amico.
Il giovane non era minimamente
impressionato da quegli occhi carichi di rimprovero. Scostò un lembo del largo
giubbotto, rivelando la pistola sottostante. “Visto che
quei fessi hanno accettato le mie condizioni, non mi servite più. Se proprio
insisteranno, manderò loro un altro pezzo, più grosso.”
Puntò la pistola. I mutanti erano stati deposti su un telone
impermeabile, la rimozione dei corpi non avrebbe lasciato tracce
indesiderate…
Si avvicinò al maschio. “Su,
non fare quella faccia. Ci vorrà solo un momento. Pensa al lavoraccio che farai
fare a me ed agli altr*” si immobilizzò dov’era. E il collare di Malice apparve sulla sua gola.
Il prigioniero vide una smorfia
di soddisfazione dipingersi sul suo volto, mentre diceva a sé stesso,
“Perfetto.”
Il traditore poi puntò di
nuovo la pistola sui suoi prigionieri e li uccise con un colpo preciso alla
tempia.
L’ultima cosa che fece da vivo
fu di puntare la pistola su sé stesso, in bocca.
Da dietro la finestra, Malice attivò la comunicazione. “Era da solo, in casa. I
suoi amici fanno parte di una setta paranazista. Ho estratto i loro dati. Non
ci sono altri mutanti in tutta Woodpike.”
“Quanti sono gli altri?”
“Una decina, capo. Devono
radunarsi stasera, proprio nella villetta. Per festeggiare. Silenzio delle
comunicazioni fino ad allora.”
“Allora daremo loro qualcosa da festeggiare.
Per l’ultima volta. E ora, sbarazziamoci dei corpi di
questi amici dei mutanti. Svieremo le indagini sulla nostra prossima mossa. Teleportati qui.”
Nate Crow
fu di parola: alle dieci in punto, gli estremisti giunsero in due macchine.
Trovando i due cadaveri dei mutanti, si sentirono ulteriormente gasati da non
fare caso subito all’assenza del loro amico.
Non avrebbe avuto importanza:
l’esplosione distrusse completamente la villetta, lasciandone pochi resti
infuocati.
Una serie di
indizi lasciati a beneficio dei media avrebbe dato la colpa
dell’attentato all’organizzazione di Cielo Luminoso, una sproporzionata
vendetta per la morte dei due mutanti di Woodpike.
E lo Stato aveva ora una preziosa risorsa per estendere
la caccia ai mutanti nei maggiori serbatoi demografici del mondo.